Traduzione e famiglia
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Traduzione e famiglia

Traduzione e famiglia: consigli per una compatibilità possibile

“Uffa, anche questo week end mi tocca svegliarmi all’alba per portare avanti una traduzione con scadenza impossibile per il solito cliente che non capisce che anch’io ho diritto alla domenica e a stare con la mia famiglia”. Chi di noi traduttori non ha mai almeno una volta detto o pensato questa frase?


Eh sì, diciamocelo francamente: il nostro lavoro a volte non è per niente “grato”. Eppure ogni volta la passione e/o la necessità ci spingono ad accettare incarichi impossibili e a passare notti insonni, domeniche e festività al computer, sotto gli occhi sgranati di figli, mariti e genitori che proprio non capiscono cosa vi spinga a fare questo lavoro e perché non abbiate scelto di fare l’impiegata/o come tanti altri.Ebbene, per me (come per molti altri, penso) la traduzione rappresenta innanzitutto una missione, un modo per aiutare persone diverse a capirsi, conoscere nuove culture e, perché no, arricchirsi sempre di nuove conoscenze. Allora analizziamo un po’ pregi e difetti di questo strano mestiere.

Vantaggi e svantaggi del lavoro da casa

Sicuramente, il mestiere del traduttore ha alcune caratteristiche che lo accomunano al lavoro del commercialista o dell’avvocato (non sempre a livello remunerativo, ahinoi!) o ancora del commerciante: per esempio, flessibilità di orario e autonomia decisionale.

Inoltre questo lavoro offre il notevole vantaggio di poter essere svolto da casa, e non dico poco! Pensate al vantaggio per chi ha famiglia e magari bimbi piccoli o nei primi anni di scuola, quando hanno ancora bisogno della vostra presenza.


Eppure proprio queste caratteristiche possono trasformarsi in un’arma a doppio taglio e trasformare voi in fantasmi o matti agli occhi dei vostri familiari. Spesso infatti si rischia di ritrovarsi a lavorare anche nei giorni festivi per consegnare una traduzione a un cliente che può diventare insistente ed esigente quanto un capufficio. E tutto questo a discapito della nostra vita sociale.

Tuttavia, conciliare i ritmi e le esigenze lavorative con quelle familiari non è un’impresa impossibile. Nel corso di questi anni ho adottato alcuni “escamotage” che mi hanno aiutato a gestire lavoro e famiglia. Di seguito li voglio condividere con voi nell’intento di essere utile a qualche collega.

Conciliare traduzione e famiglia: alcuni consigli

Ecco quindi gli stratagemmi che uso nel mio piccolo per portare avanti in maniera “umana” il lavoro di traduzione senza rinunciare a parenti e amici.

“Adottare un approccio tipo impiegato” che vuol dire imporsi dei limiti orari e soprattutto cominciare a considerare la remuneratività del proprio lavoro in termini di ore di lavoro e non solo di cartelle, tenendo conto anche dei suggerimenti sui limiti orari previsti dalla legge per chi lavora al videoterminale. A questo scopo può essere utile stabilire un proprio “orario lavorativo” su base settimanale, mensile o annua. Personalmente ho optato per la soluzione su base annua e mi sono imposta di lavorare al massimo 2500 ore all’anno. Con l’ausilio di un tool timer (gli utenti di OpenOffice lo trovano tra i Writer’s Tools) tengo conto delle ore effettivamente passate al lavoro e se un mese o una settimana ho lavorato molto, il mese o la settimana successiva cerco di “diluire” il lavoro in modo da avere un po’ di tempo per me e la famiglia.

“Far valere la propria autonomia” cioè far capire al cliente che anche voi avete diritto a godervi sabati, domeniche e giorni festivi. Spesso capita che un cliente mi chiami il venerdì per una traduzione urgente per lunedì. In molti casi la “minaccia” di applicare la maggiorazione per il lavoro nei giorni festivi (il che rientra in parte nell’approccio descritto al punto 1) è sufficiente perché la traduzione non sia poi così urgente. Ma se il cliente insiste ci sono tre possibili vie: innanzitutto considerare sempre le proprie priorità, se il cliente è importante posso fare uno sforzo. Se invece ho già una traduzione in consegna e il cliente non è importantissimo, ma non voglio perderlo, è una buona idea affidarsi alla collaborazione dei colleghi. Col tempo ho trovato utile stabilire una sorta di “banca delle cartelle” con una rete di colleghi fidati che possano aiutarmi quando proprio non riesco a fare una traduzione. Infine, se proprio non trovo nessun collega disponibile e/o ho già alcuni lavori inderogabili in scadenza, imparare a dire di no. Quest’ultima cosa per me è stata la più difficile da applicare, ma dopo che una volta mi sono ridotta a dormire 4 ore per notte per due mesi, rischiando di finire in ospedale per esaurimento, ho capito che proprio non ne vale la pena.

“Approfittare dei periodi morti” ossia non disperatevi se il lavoro non arriva tutte le settimane e godetevi un po’ di riposo. Ricordo che quando è nata mia figlia, ero preoccupata perché dormiva a orari impossibili durante il giorno e non la notte. La pediatra mi consigliò semplicemente di seguire i suoi ritmi, cioè dormire quando lei dormiva, tanto non potevo imporle di dormire quando volevo io. Ho adottato lo stesso principio nel lavoro: dato che non possiamo decidere noi quando un cliente o diversi clienti ci chiameranno per affidarci un incarico, ho imparato a sfruttare i momenti vuoti e quando una settimana non vedo lavori all’orizzonte penso subito che sarà una buona occasione per stare in famiglia, vedere amici, andare a farmi un massaggio o dal parrucchiere, seguire un corso di traduzione assistita oppure di yoga o semplicemente stare a casa con mia figlia. Credetemi, il lavoro arriverà e certamente tutto insieme, tanto che sarete affogati e vi pentirete di non esservi riposati quando ne avevate l’occasione. E poi personalmente anche una sola ora con mia figlia mi ricarica tanto da poter fare mille traduzioni. In fondo il bilancio dell’attività si fa a fine anno e non è il caso di disperarsi se per qualche giorno (non mesi ovviamente) ve ne state in “panciolle”.

“Coinvolgere la famiglia nel proprio lavoro” ossia cercare di far capire che ciò che fate non è un lavoro da marziani. Questo ovviamente è applicabile con mariti, genitori e figli grandi (almeno in età scolare), ma a me ha dato buoni risultati. Io, per esempio, coinvolgo mio marito e perfino i miei genitori nella revisione delle mie traduzioni, cosa che si rivela utile anche perché a volte uno sguardo distaccato vede di più e meglio. Io spesso ho ancora in mente l’originale e così non riesco a staccarmi abbastanza dal testo per notare quello che invece loro vedono subito! Con mia figlia, invece, ho creato una specie di gioco: lei fa i suoi compiti e io i miei, poi vediamo chi li ha fatti meglio. A volte le chiedo anche di fare finta di tradurre qualcosa, oppure dove posso le faccio vedere il testo sul video o le chiedo quale parola le piace di più. Ho scoperto che a volte i bambini riescono a tirare fuori delle espressioni molto più semplici e pregnanti di noi che abbiamo in mente spesso tanti paroloni!


Beh, mi sembra di averci messo tutto, anzi anche troppo forse! Spero comunque che questo mio articolo vi abbia messo alcune “pulci nell’orecchio” e magari vi spinga a “sperimentare” nuove soluzioni o a condividere quelle che avete già trovato! A presto, cari colleghi e colleghe!